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Non categorizzatoLago Trasimeno, lì dove tra Storia e Natura trovano casa vino, olio e zafferano

Lago Trasimeno, lì dove tra Storia e Natura trovano casa vino, olio e zafferano

Una passeggiata lungo la Strada del Vino Colli del Trasimeno, per conoscere tradizioni, usanze, passato e sapori di un territorio unico

“Il lago era immerso nel silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembrava uno specchio, s’increspava a ogni soffio di vento. Si sentiva soltanto, ora alto, ora basso, il canto degli uccelli”. Banana Yoshimoto forse non parlava del Lago Trasimeno quando ha scritto queste righe così evocative eppure, avrebbe potuto. Se si ascolta questa frase e si chiudono gli occhi si può vedere Passignano, dolcemente adagiata sulle rive dello specchio d’acqua o Castiglione del lago, terra di Marchesi, di guerre, di Memoria e, allo stesso tempo, di pace. Perché la pace è il minimo comun denominatore dei colli che abbracciano questo lago – il quarto per grandezza in tutta Italia -, partendo dalle rive e camminando lentamente sui pendii. Lì dove la natura, di tanto in tanto, si lascia addomesticare dalla mano del’uomo e nascono le vigne, che si intrecciano con la Storia. 

Nove i comuni della “Strada del vino Colli del Trasimeno”, da unire come in un gioco dei tempi che furono e utilizzare per creare un itinerario speciale, che profumi di uva, e che assorba i sapori tipici di questa terra. Senza trascurarne le bellezze. Tutto inizia a Piegaro, la piccola Murano umbra, dove la produzione del vetro era ed è un’eccellenza assoluta, ancora possibile da toccare con mano, se si vuole, entrando nel museo e ascoltando le testimonianze di chi ancora lavora quella rarefatta bellezza. Usciti dal paese basta poco per imbattersi nel Poggio della Società Agricola Pomario, una scheggia di territorio fuori dal tempo, isolata dal resto del territorio che la circonda da un bosco, come nelle favole. I vigneti sono trattati rigorosamente con un metodo biologico, rispettoso, e l’uva regina è il Sangiovese, che da vigne vecchie assorbe il carattere del territorio umbro diventando poi il pluripremiato Sariano Umbria Rosso Igt. Da qui, con le labbra ancora che sanno di vino, bastano poco più di 10 km per arrivare nell’incantevole Città della Pieve. Ricca di un tessuto artistico rinascimentale ricchissimo, madre generosa di uno dei pittori più importanti del XV secolo, e non solo: Pietro Vannucci detto il Perugino, l’artista più geniale di queste terre, a cui essere grati anche per essere stato il generoso – e amato – maestro di Raffaello. Una passeggiata in città per ammirare, presso la Concattedrale del paese, la Tavola raffigurante la Madonna tra i Santi protettori Gervasio e Protasio è più che consigliata. Solo l’inizio per poi continuare tra le stradine, le chiese e gli scorci che rendono questo paese uno dei più rappresentativi dell’intera regione. 

E di rappresentativo Città della Pieve ha anche lo zafferano, uno dei più famosi se si esce dal circuito – attuale – delle Dop, al centro del “contado” più fertile e produttivo fin dal 1279, data del primo documento storico che attesta in queste zone la coltivazione di questo fiore raro, delicato e profumatissimo. Oggi viene coltivato in appezzamentidai che vanno 100 e 300 mq, con una resa di non più di 80 grammi di spezia per 100 mq. Se si considera che per un grammo occorrono in media 150 fiori, si capisce perché durante il medioevo era considerato anche moneta di scambio. 

Conquistato un po’ di zafferano, non c’è che da ripartire verso Panicale, borgo ricco di storia e di arte, dove spicca, per curiosità e accuratezza, il Museo del Tulle, che parte dall’arte del tombolo – ancora molto sentita sulle isole del Lago – per raccontare un’intera epoca della moda, del costume e dell’artigianato. A pochi passi da questo che è considerato uno dei “Borghi più belli d’Italia” troviamo La Querciolana, azienda agricola la cui forza è  composta da una superficie di terreno di circa 30 ettari coltivati a vigneto ed uliveto. La struttura, completamente restaurata, risale al 1200 e costituiva un antico convento di frati benedettini. Quale segno di quell’antico passato vi è ancora oggi la piccola chiesa di S. Maria della Querciolana, consacrata da papa Paolo III nel 1543 ed affrescata da maestri della pittura italiana quali Giovan Battista Caporali, allievo del Perugino. Tra i suoi vini, l’espressione di come questo terreno così particolare, che risente delle influenze lacustri, possa ospitare con grande soddisfazione anche un vitigno internazinale, come il Sauvignon. Da assaggiare, decisamente, il Bianco di Boldrino. Nella discesa dai Colli verso il lago, incontriamo Paciano, dove fermarsi per un piccolo momento di riposo e per assaggiare magari una bruschetta dell’Olio locale, altra importantissima testimonianza dell’agricoltura ed enogastronomia umbra. Le botteghe del paese sapranno indicare e suggerire al turista goloso la tipologia più adatta. 

 

Castiglione del Lago, da qui, è decisamente a un passo. Sembra quasi di toccarla, immobile nel tempo, con la Storia che le gravita addosso, dal Marchesato al periodo sotto le insegne papali, fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando divenne parte della linea difensiva tedesca. Dopo aver assolto il dovuto omaggio alla Memoria, si può indulgere in piaceri più contemporanei. Qui le Cantine iscritte alla Strada del Vino Colli del Trasimeno sono ben 7, ognuna con la sua storia, con i suoi sapori. Il tartufo, in Umbria, è una ricchezza più che notevole e allora via di frittata e crostini al tartufo oppure, uno dei piatti più tipici di questa zona, ancor più nel periodo di Pasqua, l’Agnello al tartufo nero pregiato. E se vogliamo anche un piatto di Strangozzi – pasta fresca diffusa in tutto il centro Italia, ma nata nell’areale di Foligno-Spoleto, a una 40ina di chilometri dal lago -, possiamo abbinarci un rosso da Gamay del Trasimeno, uno dei vitigni autoctoni, più rari, di queste terre. Come l’Opra di Madrevite, un vino che con il minimo possibile dell’intervento umano racconta un territorio ancora poco raccontato, dal punto di vista vitivinicolo. 

                        Le vigne, Cantina Madrevite 

Godendosi il lungolago, si arriva fino a Passignano sul Trasimeno. Concedetevi la salita fino alla Rocca, da qui la vista su tutte le colline circostanti e sul Lago è unica e impagabile, e poi una sosta a La Casa di Francesca, un luogo intimo per un pranzo tradizionale umbro: dritto al punto e senza troppe sofisticherie. Giusto il momento di rifocillarsi prima di continuare la nostra passeggiata e andare fino a Tuoro sul Trasimeno. Da qui potete – e dovete –  imbarcarvi per visitare l’Isola Maggiore e l’Isola Polvese. Sulla terraferma però non potete lasciarvi scappare il Museo di Annibale, dedicato alla battaglia che il grande condottiero affrontò proprio su queste rive. Le stesse su cui affaccia, beneficiandone immensamente, la Cantina Montemelino, che da più di cinquantanni diraspa e pigia l’uva, districandosi tra gli internazionali – di pregio il Vinea Alta Colli del Trasimeno Doc, da uve pinot nero – e i vitigni autoctoni, che regalano perle come il Ciliegio, un rosato raro da queste parti, fatto da uve ciliegiolo in purezza. Perfetto per la stagione calda in arrivo. 

                        La Rocca di Magione (foto Sagrivit) 

Tornando verso Perugia, prima di riprendere la E45, non possiamo che regalarci altre due tappe. Prima Corciano, con il suo circuito di musei e, in particolare, con Museo della Casa Contadina, dedicato proprio agli antichi mestieri legati alla terra, ancora molto presenti e importanti in questo affascinante scorcio della provincia italiana. Poi, Magione. Pochi chilometri da Perugia per questo paese che è la sintesi perfetta di questi itinerario che ha provato a tenere insieme arte e sapori; la Rocca di Magione è infatti anche una Cantina, gestita insieme ad altre realtà storiche molto importante dalla Società Agricola Vitivinicola Italiana (S.AGRI.V.IT.). Il castello risale al 1150 e nella sua lunga vita ha visto passare personaggi importanti della corte papale – qui venne ordita una congiura ai danni di Cesare Borgia, la “dieta alla Magione nel Perugino” della quale parla Machiavelli ne “Il Principe”. I vigneti sono tutti tra i 250 e i 250 msl e sono equamente divisi tra uve a bacca rossa (Pinot Nero, Merlot, Gamay, Cabernet Sauvignon, Sangiovese e Canaiolo) e a bacca bianca (Grechetto, Chardonnay, Sauvignon Blanc e Trebbiano), autoctoni e internazionali a raccontare un territorio fiero e orgoglioso, ma anche da sempre aperto al passaggio di genti e tradizioni.

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